RASSEGNA STAMPA






Data: 06/01/2012
Testata giornalistica: Il Centro
La riforma del tpl in Abruzzo - D’Alessandro: Morra smentisca Tancredi, altrimenti si dimetta. Pd: i poteri forti vogliono affossare la riforma


Il centrodestra ha smarrito il senso della realtà e forse anche del pudore

PESCARA. «I poteri forti sono in campo contro le riforme, contro il servizio pubblico, contro la Regione che prova a cambiare ed il senatore Tancredi è uno di loro».
Lo afferma il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Camillo D’Alessandro, primo firmatario dell’emendamento del Partito democratico, approvato il 30 dicembre scorso nella nuova Finanziaria, che ha dato il via alla riforma dei trasporti ed alla costituzione della società unica.
«Le dichiarazioni di Tancredi nell’intervista al Centro» (leggi l'articolo), dice Camillo D’Alessandro, «svelano, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il motivo della mancata approvazione della legge in questi tre anni. Chiodi è nelle mani dei vari e troppi Tancredi di turno che bloccano il cambiamento».
«L’assessore ai Trasporti, Morra che stimo», prosegue l’esponente del Pd, «non è stato in grado di far approvare la legge, che tra l’altro fu affossata in commissione, proprio dai suoi colleghi di partito. E’ stato necessario il nostro ostruzionismo, avremmo mandato la Regione in esercizio provvisorio e fatto Capodanno in consiglio regionale, se la proposta non fosse stata approvata. Altro che consociativismo: è esattamente il contrario».
«Avevamo capito da tempo», dice ancora il capogruppo del Pd, «che c’era qualcosa sotto e temevamo il disegno oggi svelato da Tancredi, cioè privatizzare il servizio pubblico e non riformarlo. Il disegno era questo: far arrivare la situazione delle società (Gtm -Arpa e Sangritana) al collasso, a cui sarebbe seguito il ricatto della perdita dei posti di lavoro e, così, in nome dell’emergenza creata ad arte, giustificare la privatizzazione di tutto, caso mai a prezzo da saldi».
«Nessuno è contro il privato», dice il capogruppo Pd. «E’ Tancredi, in una ottusa visione, che pone il privato in conflitto con il pubblico, anche perché ci sono le gare che incombono. Il senatore Tancredi non fa un buon servizio neanche ai privati. Se dobbiamo rimettere, come lui di fatto sostiene, tutto al mercato, allora cominciamo dai bacini, invece di farne otto o quattro, facciamone uno solo per tutta la Regione, cosa accadrebbe ai privati in Abruzzo».
«Dopo le dichiarazioni del senatore Tancredi», conclude D’Alessandro, «Morra lo smentisca garantendo pubblicamente il rispetto dei tempi della fusione stabiliti nella legge o si dimetta. Al posto suo io già lo avrei fatto: prima non ti fanno fare la legge, vieni di fatto sostituito dall’opposizione, e poi gli stessi esponenti del tuo partito ti affondano pubblicamente di nuovo la riforma, dichiarata solo qualche giorno fa da Chiodi come epocale. Ma chiaramente Morra non si dimetterà perché ormai Chiodi e il centrodestra hanno smarrito il senso della realtà e forse anche del pudore».




Data: 06/01/2012
Testata giornalistica: Il Centro
La riforma del tpl in Abruzzo - Trasporti, i sindacati contro Tancredi. Scontro sulla proposta di privatizzare: la casta all’attacco dell’azienda unica


Un documento unitario attacca il senatore Pdl: in Abruzzo classe politica arrogante e incompetente

PESCARA. Per ora i sindacati hanno proclamato lo stato di mobilitazione, ma non si esclude lo sciopero. La proposta, fatta dal senatore abruzzees del Pdl, Paolo Tancredi - in un’intervista pubblicata ieri dal Centro (leggi l'articolo) - di vendere ai privati le due società pubbliche di trasporti su gomma (autobus) non è piaciuta per nulla ai sindacati, che ieri si sono riuniti, per partorire un documento comune (Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal) che porta un titolo abbastanza esplicito: «La casta all’attacco dell’azienda unica». La proposta di Tancredi, infatti, arriva a cinque giorni dall’approvaqzione in consiglio regionale della Finanziaria che prevede la fusione (entro sei mesi) delle due aziende di trasporti su gomma (Gtm e Arpa) e del settore autobus della Sangritana.
Per lunedì prossimo, inoltre, è già convocata una riunione dei tre segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, per esaminare la prospettiva dell’azienda unica alla luce delle dichiarazioni di Tancredi.
«Che l’azienda unica sia uno dei nervi scoperti più sensibili per la casta rappresentata da certa politica e da una parte di finta imprenditoria era oramai cosa nota, ma che si arrivasse a questo livello di bassezza culturale e sociale da parte di alcuni attori non era davvero preventivabile».
Lo affermano i segretari regionali di Filt-Cgil, Scaccialepre, Fit-Cisl, Di Naccio, Uiltrasporti, Murinni, Faisa Cisal, Lizzi, e Ugl Trasporti, Lupo nel documento messo a punto al termine della riunione ieri mattina a Pescara. Il documento è critico non solo nei confronti della proposta di Tancredi di privatizzazione dei trasporti su gomma ma anche di quello che i sindacati definiscono «l’atto unilaterale del presidente di Arpa che, con un colpo di spugna, ha cancellato tutti gli integrativi aziendali stipulati negli ultimi decenni».
«Le parole del senatore Tancredi», dicono i sindacati «dimostrano come ci sia una classe politica arrogante ed incompetente, che vede come fumo negli occhi la sindacalizzazione, addirittura evocata come un male che genera costi ed inefficienze, e che confonde la privatizzazione con la liberalizzazione: se queste sono le argomentazioni, condite per di più da offese gratuite ai lavoratori che, secondo il Senatore, sarebbero testualmente messi lì a non fare niente, non si fa fatica a capire quali siano le responsabilità della politica per la situazione in cui versa il Paese ed il perché ci si debba affidare a tecnici per governare».
A questo punto, aggiungono i sindacati, «saranno le risultanze della Commissione Giovannini, che in questi giorni sta monitorando i costi della politica e quindi anche del senatore Tancredi, a stabilire inequivocabilmente dove sono gli sprechi».
Per i sindacati anche le decisioni assunte dal presidente di Arpa, Massimo Cirulli, «sono un chiaro segnale di contrasto all’Azienda unica: difatti si vuole sopperire ad una gestione Aziendale inconcludente ed inefficiente sottraendo risorse derivanti dalla contrattazione Aziendale di secondo livello».
Secondo i sindacati, i costi dei lavoratori Arpa sono «tra i più bassi nel panorama delle aziende del settore».
«Con l’azzeramento della contrattazione integrativa di secondo livello, decisa unilateralmente dall’Arpa», sostengono ancora i sindacati, «siamo di fronte ad un vero e proprio atto di vigliaccheria sociale: si usano i lavoratori per battere cassa e si tenta di far pagare al sindacato la colpa, se così si può definire, di aver difeso con le unghie il processo di fusione delle Aziende pubbliche e di aver messo in discussione le tante poltrone di presidenti, consiglieri di amministrazione, direttori e vicedirettori, sindaci revisori».
A questo «attacco frontale ed ingiustificato, sia nel merito che nel metodo», i lavoratori, dicono i sindacati, risponderanno in «maniera decisa e compatta» ma, soprattutto, «nessuno si farà intimidire».
«Il sindacato», si legge ancora nel documento unitario, «ha il coraggio di affrontare i problemi anche se questo comporta sedersi attorno ad un tavolo per affrontare tematiche occupazionali e retributive. La politica ed i colletti bianchi che la rappresentano restano ancorati alle loro sedie nonostante i fatti e l’opinione pubblica li abbiano da tempo, loro sì, licenziati».
«Il presidente Chiodi e l’assessore Morra», concludono i sindacati, «hanno il dovere di prendere posizione e di difendere una scelta che, tra l’altro, deve ancora concretizzarsi. Lo facciano con atti concreti ed inequivocabili, a cominciare dalla rimozione di coloro che, per legge, dovrebbero essere attori del cambiamento ed invece non perdono occasione per ostacolarne gli esiti, a tutto discapito in primis dei cittadini».


Bus bloccato, il reato è raddoppiato

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Duplice reato per chi impedisce al bus di linea di proseguire la corsa: violenza privata e interruzione di pubblico servizio. Lo ha stabilito la Cassazione (sentenza 14482/11).





Il caso


Un'automobile, che segnala la svolta a sinistra, al segnale verde del semaforo tarda a ripartire e il conducente dell'autobus di linea, che sta immediatamente dietro, suona il clacson e effettua il sorpasso da destra. A quel punto l’automobilista non svolta a sinistra ma insegue il bus e, una volta raggiunto e sorpassato, gli si ferma improvvisamente davanti, rendendo inevitabile il tamponamento.


La Corte d’appello di Torino ha assolto il conducente dell’auto dai reati di violenza privata (art. 640 c.p.) e di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) perché il fatto non costituisce reato. L’assoluzione è motivata dal fatto che la condotta del prevenuto era stata determinata dall’esigenza di chiedere spiegazioni all’autista dell’espressione offensiva pronunciata nel momento in cui i due mezzi si erano affiancati. Il Procuratore Generale della stessa Corte territoriale propone ricorso per cassazione rilevando che la dinamica dei fatti è significativa della volontà dell’imputato di non far proseguire l’autobus e la relativa prosecuzione del pubblico servizio.

Né lo stato d’ira, né l’intento di chiedere conto all’autista delle parole pronunciate, escludono l’elemento psicologico che è rappresentato dalla coscienza e dalla volontà di provocare l’arresto dell’autobus e la conseguente interruzione del servizio pubblico. In sintesi, la condotta di chi, sorpassando il veicolo che lo precede, si arresti davanti impedendone la marcia, configura la violenza privata. Vi è di più, nel caso concreto, il soggetto passivo era un conducente di autobus di linea, quindi è integrato anche il reato di interruzione di pubblico servizio di trasporto. La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché i reati sono estinti per prescrizione.



Arpa, i sindacati annunciano lo sciopero

Per le organizzazioni di categoria ci saranno meno corse e tagli alle percorrenze
      di Michela Corridore
       L'AQUILA. Uno sciopero regionale dei trasporti e un atto legale contro l'equiparazione dei dipendenti Arpa a quelli pubblici. I sindacati vogliono contrastare così la politica dell'azienda per i trasporti che prevede un taglio netto alle corse e penalizzazioni per i lavoratori in termini di scatti d'anzianità e nuovi posti.  Dal primo aprile è prevista una riduzione delle percorrenze e delle corse per l'azienda di trasporto pubblico di 2 milioni e 500 mila chilometri, pari a 100 corse giornaliere e più di 30 mila annue. A farne le spese saranno soprattutto le province dell'Aquila e di Teramo che subiranno un taglio di circa 800 mila chilometri: il doppio rispetto a quelli previsti per Chieti e Pescara.  Un provvedimento che comporterebbe importanti difficoltà soprattutto all'utenza e contro cui si sono scagliati i sindacati su due diversi fronti: la Cgil, infatti, ha intrapreso un percorso indipendente (per impugnare il patto di stabilità) rispetto a Cisl, Uil, Cisal e Ugl che stanno invece mettendo a punto iniziative comuni (e prevedono uno sciopero regionale ad aprile).  «Abbiamo fatto una serie di assemblee con i lavoratori» ha detto il segretario della Filt-Cgil Domenico Fontana. «Cercheremo di impugnare il patto di stabilità perché i dipendenti Arpa non possono essere equiparati a quelli pubblici. Questo violerebbe la contrattazione, impedendo scatti di anzianità e mettendo a rischio i contratti in scadenza».  Il sindacato, tuttavia, sta studiando la fattibilità dell'azione legale. Intanto, Cisl, Uil, Cisal e Ugl sono pronti allo sciopero regionale.